LA GASTRONOMIA DELLA CALABRIA

<Sia lodato sempre l'umile maiale>, vi diranno quaggiù, Eh, davvero.
La Calabria vive di maiale.
Al maiale dovrebbe un monumento, un poema, in intero romanzo.

Magro, asciutto, nero ed irsuto, il maiale ha libero passaggio nelle strade dei paesi, è quasi sacro.

Seguito da innumerevoli maialetti, razzola e cammina pian piano verso le sue pasture.

Ad ottobre, finirà la sua pacchia e comincerà quella dei suoi padoroni.

Comincerà in gran festa, col gran piatto fumante di <soffritto> dove si posson trovare tutti quanti gli ingredienti <principali> di questa terra di mare, sì ma soprattutto mantanara: tante del maiale appena macellato, melanzane, cipolle, olivesecche, alloro.
mantanara木炭焼き

Del maiale, poi, il calabrese vivrà a lungo, fino all'estate inoltrata dell'anno seguente, fino a farne anche il dolce tipico della regione, il sanguinaccio.

A parte il dolce e il colossale piatto del <soffritto>, tutto ciò che del suino rimare viene usato: salumi di ogni dimensione e tipo, salsiccia metà di carne e metà di fegato, salsicccia tutta di fegato, da cuocere fresca allo spiedo e inframmezzata da foglioline di alloro, le sopressate <lagrumuse>, che al taglio devono infatti piangere con una stilla di grasso lucente.   

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